Canyon

In questa straordinaria opera di Teresa Matilde, l’artista adotta una tecnica pittorica che richiama superfici erose, come affreschi antichi corrosi dal tempo, trasformando il volto in un palinsesto di segni, crepe e lacerti di memoria. L’immagine non è una rappresentazione fedele della realtà, ma una testimonianza dell’erosione dell’essere, una riflessione sulla transitorietà dell’identità e sulla persistenza della memoria.

La tavolozza cromatica, dominata da toni terrosi, ocra e grigi, conferisce all’opera un’aura di sacralità e decadenza, come se il volto fosse impresso su una parete consunta dal tempo, un’icona in dissolvenza. La frammentazione della figura non è casuale, ma suggerisce una stratificazione di vissuti, un corpo che porta le cicatrici del tempo e della storia. L’espressione, sebbene spezzata, mantiene una forza evocativa straordinaria: gli occhi, pur incompleti, sembrano scrutare oltre la superficie, invitando lo spettatore a un dialogo silenzioso e profondo.

Con questa opera, Teresa Matilde ci pone di fronte a una potente metafora dell’esistenza: l’essere umano è fragile, destinato alla disgregazione, eppure la sua essenza resiste, imprimendosi nella memoria collettiva come un’impronta indelebile. L’opera diventa così un ponte tra il passato e il presente, tra ciò che è stato e ciò che rimane, tra l’effimero e l’eterno.

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